AGROALIMENTARE

Filiera corta, la tracciabilità come nuova leva di business

Secondo l’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano, i consumatori sono attratti dall’idea di utilizzare canali innovativi per acquistare prodotti sicuri e valorizzare il territorio. Ma oltre che sull’adozione delle tecnologie di frontiera, bisogna puntare sull’esperienza d’uso

Pubblicato il 07 Nov 2022

Filiera corte digitale

La digitalizzazione della filiera corta costituisce già oggi un tassello importante nel contesto di una strategia che punta a rendere la catena del valore dell’AgriFood italiano sempre più efficiente e trasparente. Ma si rivelerà essenziale nei prossimi anni, quando diverrà imprescindibile soddisfare due bisogni emergenti tra larghe fasce dei consumatori: conoscere approfonditamente il cibo che si acquista e generare un impatto positivo sul territorio, valorizzando le produzioni locali e minimizzando le emissioni inquinanti.

I consumatori sono interessati alle informazioni, non alla tecnologia

Il 63% dei consumatori italiani del resto ha già fatto ricorso almeno qualche volta a una delle soluzioni che abilitano la filiera corta digitale. Mentre non sono poche le persone, tra quelle che non le utilizzano, che hanno accesso a strutture di distribuzione fisiche allestite e gestite direttamente dai produttori.

Rimane comunque una fetta consistente di mercato che non ha alcuna familiarità con queste piattaforme di shopping online, che per molti utenti risultano ancora troppo complesse o troppo costose per essere fruite in maniera sistematica.

Cresce l’attenzione sulla tracciabilità alimentare

In uno scenario in rapida evoluzione, e che vede l’ingresso continuo di nuovi player, una cosa è certa: i consumatori sono sempre più consapevoli dei temi legati alla tracciabilità alimentare e degli impatti positivi di una Supply Chain integrata, ma questo non implica che debbano conoscere anche le tecnologie sottostanti ai sistemi che migliorano la trasparenza delle filiere corte. In altre parole, gli attori disposti a giocare la carta della digitalizzazione, prima ancora di sottolineare la bontà di una determinata scelta tecnologica, dovranno garantire un certo grado di prossimità anche sul piano relazionale. Questo significa creare esperienze d’uso che favoriscano interazioni dirette e durature, oltre che di valore, rispetto alla condivisione delle informazioni sui prodotti.

Il pensiero va naturalmente subito alla Blockchain, che già in qualche caso viene citata nelle iniziative di comunicazione per trasmettere al pubblico l’idea di una filiera accuratamente controllata e certificata.

Ebbene, solo il 6% dei consumatori italiani è al corrente dell’applicazione della Distributed Ledger Technology alla tracciabilità nel settore agroalimentare. E l’11%, pur sapendo di cosa si tratta, pensa sia utilizzata prevalentemente in altri contesti. Il 23% degli italiani ne ha sentito parlare ma non ne conosce a fondo l’utilità, mentre ben il 60% non ha mai nemmeno sentito parlare di Blockchain.

Filiera corta, l’analisi dell’Osservatorio Smart AgriFood

È sostanzialmente questa la fotografia scattata dall’Osservatorio Smart AgriFood della School del Politecnico di Milano, che ha esaminato con una ricerca ad hoc la prospettiva dei consumatori sul tema dell’innovazione digitale per la tracciabilità alimentare nella filiera corta.

«Di solito gli Osservatori del Politecnico sondano il punto di vista delle imprese sull’impatto delle tecnologie digitali, ma in questo caso abbiamo ritenuto utile svolgere una ricerca sul consumatore per chiederci insieme alle  aziende non solo se l’utente finale è effettivamente disposto a spendere tempo e risorse per verificare le indicazioni presenti sull’etichetta del cibo che acquista, ma anche quali informazioni sono davvero rilevanti», spiega Chiara Corbo, Direttrice dell’Osservatorio Smart AgriFood.

Tra le informazioni di cui gli italiani sono più “affamati” ci sono la provenienza delle materie prime (il 64% del campione la giudica estremamente importante), l’italianità del marchio (59%), il marchio di qualità (56%) e la sostenibilità del prodotto (55%) soprattutto per quanto riguarda le carni (78%), il pesce (54%) e l’ortofrutta (50%).

Se l’88% dei consumatori è interessato alla tracciabilità alimentare, il 53% cerca spesso informazioni al riguardo, e questo sostanzialmente a prescindere dal titolo di studio conseguito.

Il 24% dei consumatori italiani si avvale di strumenti digitali per ottenere queste informazioni, sfruttando il più delle volte il sito Internet del produttore (22%), i social network o le piattaforme di terzi (13%), il QR code stampato sull’etichetta (13%) e i profili social del produttore (13%).

La frequenza del tipo di canale utilizzato è inversamente proporzionale alla sua complessità di utilizzo, ma riflette pure la diffusione della piattaforma tecnologica adoperata, come nel caso della già citata Blockchain.

Filiera corta, i casi apripista e le prospettive per il futuro

«Anche se ancora poco numerosi, i progetti comunitari e locali basati sulla sperimentazione della Blockchain nell’ambito della tracciabilità alimentare stanno aumentando», dice Corbo, ricordando i casi apripista di Lombardia e Abruzzo.

In Lombardia, la sperimentazione è guidata dalla Direzione generale Ricerca e Innovazione in partnership con la Direzione generale Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi e di quella Welfare della Regione. Grazie alla collaborazione delle Ats della Montagna e della Val Padana sono state identificate e coinvolte attivamente due Supply Chain: quella del Latte Fresco di Montagna Alta Qualità della Latteria Sociale Valtellina e quella della carne rossa del Consorzio Lombardo Produttori Carne Bovina.

In Abruzzo, si punta a creare una vera e propria storia di filiera: il consumatore potrà conoscere, attraverso contenuti multimediali, il prodotto, l’azienda e il territorio di origine. Con la collaborazione dei consorzi di tutela dei prodotti Dop e Igp abruzzesi (olio, vino, patate e carote del Fucino) è prevista la creazione di un sistema in grado di garantire la provenienza dei prodotti locali tramite la tecnologia Blockchain.

Si tratta di esperimenti molto importanti, sulla base dei quali si porranno le premesse per attivare nuove filiere corte digitali che, secondo i consumatori interpellati dall’Osservatorio Smart Agrifood comporteranno la produzione e la vendita di alimenti più tracciati (38%), più convenienti (29%) e più sani (27%). «Il 42% degli intervistati che scelgono le filiere corte digitali rivendica infatti la possibilità di accedere prodotti che altrimenti non conoscerebbe e non acquisterebbe, mentre per il 30% la motivazione va ricercata nell’opportunità di valorizzare le produzioni locali. Il canale risulterà quindi essenziale per generare nuove opportunità di business, a patto che si implementino User Experience semplificate e appaganti», chiosa Corbo.

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